Web 2.0: buono, cattivo, o…


Quando ci si trova davanti ad una novità, ci sono spesso posizioni prevenute: c’è chi è assolutamene contrario a prescindere, chi è assolutamente favorevole a prescindere, chi vuol capire e chi non vuol capie. Questo è nomale quando accade tra gli utenti della Rete; diventa grave quando ciò accade a responsabili del settore IT, ma andiamo avanti…

L’aspetto che voglio sottolineare non riguarda nesun tecnicismo, bensì la valenza di un nuovo modo di comunicare.

Già anni fa l’ipertesto ha cambiato il paradigma classico di scrittura, guardando attraverso il testo, in modo non sequenziale, facendo scegliere al fruitore il percorso che meglio si adatta alle sue esigenze. Massima libertà di lettura di un testo! Oggi col “Web 2.0”, questa metafora di fruizione è rimasta, ma si è aggiunta la “massima libertà di contenuti” in un testo.

Ci ritroviamo ad avere grande libertà nell’interpretare la chiave di lettura di un testo, ma anche nella creazione del testo stesso setsso! Se prima si aveva una molteplicità di percorsi che davano accesso ad informazioni controllate da una fonte, oggi abbiamo una molteplicità di accessi ad informazioni provenienti da più fonti liberamente.

A parte ogni considerazione tecnica sull’usabilità e sull’accessibilità di questo nuovo “mondo”, nascono spontanei alcuni interrogativi.

  • Tanta “libertà” fa bene o male alla qualità dell’informazione?
  • Davvero tutto diventa più facile da trovare?
  • Davvero è tutto cosi’ “libero”?

Interrogativi ai quali oggi (forse anche domani) non è possibile dare risposte assolute.

40 responses to Web 2.0: buono, cattivo, o…

  1. # Tanta “libertà” fa bene o male alla qualità dell’informazione?

    Fa bene?

    # Davvero tutto diventa più facile da trovare?
    No, ma questo non dipende dal web 2.0 e non è l’obiettivo delle reti sociali: i social network aiutano a condividere – e quindi a trovare – interessi comuni.

    # Davvero è tutto cosi’ “libero”?
    Mah, tutta questa preoccupazione filosofica sulla libertà della rete mi pare esagerata. Non possiamo considerarlo un mezzo di comunicazione qualsiasi? In tal caso ha ragione sparkaos e ha già detto tutto Eco.

    “Si ma gli interrogativi che il Web 2.0 pone riguardano tutti non credi?”
    Per fortuna no: la mia mamma non naviga 🙂

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  2. antgri says:

    Fiorella, Come tu hai ben illustrato le “reti sociali” servono a far condividere informazioni. Se questo “tesoro sociale” dovesse essere si un tesoro ma difficile da fruire, non sarebbe un problema? Stesso tu affermi che “i social network aiutano a condividere – e quindi a trovare – interessi comuni”. Appare evidente che “trovare” è una parola chiave nel Web 2.0, altrimenti come condividi?

    Riguardo la Rete credo che possa essere una larga approssimazione considerarlo un “medium” qualsiasi – su questo si che c’è una larga letteretura. Ci sono metafore, linguaggio e interazioni differenti da altri media, ma questo è un altro discorso…

    Gli interrogativi sul Web 2.0 riguardano tutti noi che siamo qui ed anche quelli che ci sarannno domani: i nostri figli, i nostri nipoti e magari anche le nostre mamme 🙂

    Grazie per il tuo contributo Fiorella

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  3. non credo che “trovare” sia un termine chiave del web 2.0.

    Se ho capito bene la definizione sarà il web 3.0 la tecnologia che consentirà alle applicazioni di dialogare tra di loro (con la costruzione del web semantico, delle ontologie, l’intelligenza artificiale etc…) rendendo più facile la ricerca delle informazioni in rete.

    Ma molto probabilmente ho capito male io, anzi se mi spieghi una volta per tutte ‘sto benedetto web 3.0 mi fai contenta 🙂

    Poi penso che la rete sia un mezzo diverso dalla radio così come la radio è diversa dalla tv, la tv dal libro etc…
    non credo che sia una specie di marziano 😉
    de gustibus 🙂

    comunque prego

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  4. antgri says:

    Pardon, Fiorella mi ha fatto rilevare una mia imprecisione nel post precedente.
    Avevo detto che “trovare” è un termine chiave nel Web 2.0.
    Penso che sia più corretto dire trovare è un termine chiave del Web (quindi anche del Web x.y 🙂 )

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  5. Thomas Galli says:

    A proposito di Web 2.0, potrebbe interessare un evento che stiamo organizzando in università ad Urbino.

    A Maggio terremo un seminario su come i blog e i social media cambino la politica.

    Lascio il link ufficiale:

    http://conversazionidalbasso.wordpress.com

    Saluti.

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  6. daemonia says:

    Mah, tutto è forse così libero! Ormai Internet è un grande oceano in cui tutti si avventurano senza problemi…

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  7. sparkaos says:

    scusa ho visto solo ora.
    gli interrogativi del web 2 rigurdano tutti per il semplice fatto che sconvolge le basi stesse della società, della politica e del normale fluire della conoscenza e cultura nella società

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  8. andrea says:

    Ciao, ti volevo informare che il mio nome è Plutino, non Ptutino 😀

    Ciao, e grazie ancora.

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  9. dottfavero says:

    # Tanta “libertà” fa bene o male alla qualità dell’informazione?
    Direi di si….wikipedia aiuta

    # Davvero tutto diventa più facile da trovare?

    Direi di sni. Google fa bene il suo sporco lavoro. Non possiamo lamentarci, no? il punto è che non riusciamo ancora a sfruttare al 100 % tutte le informazioni che sono disponibili in rete. E qui entra in gioco il semantic web.

    # Davvero è tutto cosi’ “libero”?
    Mi piace pensare di si 😉

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  10. antgri says:

    #dottfavero Grazie del tuo contributo!

    Riguardo l’interrogativo sulla “Libertà” e la “qualità dell’informazione”, anche Wikipedia (che ritengo ottima), come altri, è oggetto di questa osservazione sulla qualità ed attendibilità dell’informazione. Nonostante io sia un in informatico, amante della filosofia che ha spinto Internet a diventare tale, a volte trovo alcuni punti sui quali è interessante interrogarsi, per non perdere la misura, per capire cosa ci aspetta domani.

    Ad ogni modo ti ringrazio per il tuo contributo

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  11. carlodaniele says:

    Alle tue domande io risponderei con un bel “dipende”.

    Dipende da cosa intendi per “qualità dell’informazione”, prima di tutto. Un’informazione migliore quali caratteristiche deve avere? deve provenire da fonti qualificate? in base a quale criterio attribuire qualità ad una fonte? effettivamente, l’esperienza contemporanea dimostra che, nel campo della comunicazione, qualsiasi criterio di qualità si voglia scegliere, è sempre troppo stretto.

    Per quanto riguarda la facilità con cui muoversi nel caos dell’informazione online, anche qui ci metterei un bel “dipende”. I meccanismi di selezione delle fonti autorevoli ci sono e funzionano bene. Il problema è che non è assolutamente facile comprenderne appieno il funzionamento, da parte di un pubblico generico. Per orientarsi nell’iper-complessità delle reti è necessario viverci dentro, ovviamente dal punto di vista cognitivo. Le piattaforme 2.0 offrono spazi di relazione e comunicazione che vengono “realmente” vissuti, seppur sotto forma di identità virtuali. Un osservatore esterno ed occasionale non è in grado di comprendere i linguaggi, le esperienze, le pratiche sociali e cognitive di chi vive gli ambienti virtuali (e la selezione dell’informazione, la capacità di creare “order from noice” fanno parte delle capacità di chi opera attivamente nelle reti).

    Infine, davvero è tutto così libero? E ancora, dipende. Dipende se si è in grado di muoversi liberamente negli spazi virtuali (non mi riferisco a SL, ma al web in genere).

    Insomma, alla fine, secondo me, ritorna la questione delle elite. Chi è in grado di muoversi attivamente in rete si trova in una posizione di vantaggio enorme (vedi i digital natives), rispetto alla massa. E si ripropone per l’ennesima volta il tema del digital divide, che, come sottolineano gli osservatori più attenti, non è solo tecnologico, ma anche e soprattutto cognitivo.

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  12. antgri says:

    #carlodaniele, hai centrato gli interrogativi ed hai centrato il motto degli usabilisti “dipende” 🙂

    Sulla qualità dell’informazione, concordo che non esistano criteri per raggiungere la perfezione; di certo esistono modi per rendere l’informazione verosimilmente attendibile e qualificata. E’ anche vero che non sempre deve prevalere la qualità, dipende dall’uso e consumo che se ne deve fare dell’informazione. Forse il problema in questo caso è dato dal valore che l’utente vuole attribuire all’informazione… ma questa è un’altra storia 😉

    Riguardo il tuo pensiero sulla facilità di reperire informazioni nel Web 2.0, concordo in molti punti. Tuttavia tracci uno scenario “chiuso”: chi c’è nel Web 2.0 lo capisce e si orienta; chi non c’è dentro è tagliato fuori.
    Auspicherei una logica di condivizione maggiore, senza barriere di alcun tipo, per seguire lo spirito per cui è nata la Rete: condividere informazioni liberamente, con accesso universale. Ma questa libertà c’è quando tutto è accessibile e facile da usare.

    Forse ad oggi l’Usabilità e L’Accessibilità del Web, sono poco conosciute o meglio, conosciute solo a fini “comemrciali” (usate per massimizzare profitti). Sarebbe auspicabile divenissero elemento imprescindibile del Web (ci sono leggi ma…solo per PA e quasi mai rispettate), non per omologare, bensì per accostare l’utente alla Rete e la Rete all’utente, diminuendo digital-divide di tipo culturale, fisico e sociale.

    Ti ringrazio del tuo prezioso apporto!

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  13. antgri says:

    #carlodaniele, il tuo pessimismo a proposito di cosa, nello specifico?

    Il mio “dipende” parafrasava quello di un illustre voce dell’Usabilità statunitense, che fece stampare magliette con scritto “Dipende” per i suoi collaboratori, poiché era la risposta più frequente che si dava al cliente. 🙂

    Quindi “dipende”, in questa accezione è una scelta, volta a trovare soluzioni (scelte appunto) che mediano tra le numerose esigenze in campo. Un po’ quello che accade quando si percorre una strada e si incontrano dei bivi, delle diramazioni: bisogna fermarsi, ragionare e scegliere.

    In cosa sei pessimista?

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  14. Mi sembra che hai creato ottimi spunti di discussione Antonio, come già hai fatto di là, su DCV.
    Tu dici: “Auspicherei una logica di condivizione maggiore, senza barriere di alcun tipo, per seguire lo spirito per cui è nata la Rete”.
    Me lo auguro anch’io, e forse stiamo lavorando proprio per questo, eppure più mi addentro nel web 2.0 più mi allontano da molte delle persone che conosco. Ci crederesti? Molti dei miei amici hanno pochissima dimestichezza anche con i blog, figuriamoci poi quando gli dico di usare i feed, di lavorare con wiki, ecc. ecc.
    Ho la sensazione che il digital-divide non sia solo culturale, fisico e sociale, per un over 40! Anche se 41enne….

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  15. carlodaniele says:

    @antgri: il pessimismo del “dipende” lo hai individuato dicendo: “Tuttavia tracci uno scenario “chiuso”: chi c’è nel Web 2.0 lo capisce e si orienta; chi non c’è dentro è tagliato fuori.”

    anche per le mie recenti esperienze di studio, sono profondamente convinto che non tutti hanno uguale accesso alla rete, non solo in termini tecnologici, ma, come ti dicevo, cognitivi.
    pochi sono in grado di gestire criticamente l’informazione di rete. pochi sono in grado di generare contenuti di valore. molti usano la rete solo a scopi ludici. molti usano la rete per fini lavorativi, ma senza un reale arricchimento personale.

    un uso critico e consapevole della rete non mi sembra allo stato possibile per la maggioranza del popolo connesso.
    spesso della rete si fa un uso direi “televisivo”.

    ovviamente accessibilità e usabilità riducono fotemente il digital divide fisico e tecnologico, ma non hanno grandi conseguenza sul digital divide culturale. la complessità e la mancanza di libertà riguardano, quindi, coloro che dal dd (in tutti i suoi aspetti) non possono uscire.

    ti riporto una citazione che, mutatis mutandis, mi sembra assolutamente calzante:

    Bisogna distinguere […] tra alfabetizzazione e abitudine alla lettura: tutti coloro che hanno conosciuto la parola scritta non sono certo diventati, fino a oggi, membri di un pubblico di lettori di libri, inoltre, imparare a leggere è diverso da imparare leggendo.

    la citazione è di Elizabeth Eisenstein.

    Insomma, secondo me siamo di fronte al solito problema: chi gestisce l’informazione è una ristrettissima elite. chi si orienta nell’informazione è una elite leggermente più ampia.
    la massa fa da spettatore (quasi) passivo.

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  16. antgri says:

    # donneconlavaligia
    Ti ringrazio per essere tornata sul mio Blog.

    Sul tuo blog avevo commentato con entusiamo il video recensito nel tuo articolo, trovandolo semplice, essenziale, accessibile a tutti quelli che volessero capire qualcosa sul Web 2.0. Sarebbe auspicabile che tutto in rete fosse così…

    Concordo a pieno con la preoccupazione che esponi in questo post, riguardo una inaccessibilità di “linguaggio”, “di metafore d’uso”, forse troppo appartenenti a settori specifici.
    Come ho scritto nel post, aspetti come l’usabilità e l’accessibilità del Web hanno forte valenza sociale, pongono l’utente al centro della progettazione dei servizi Web, tenendo conto del suo linguaggio, delle metafore più appropriate da usare e tanti altri aspetti che conivolgono l’interazione uomo-macchina.

    Tuttavia questo a molti appare come una restrizione, una regola, quindi pone un limite (vecchia diatriba Usabilità vs. Creatività, nata da Bifo sulle colonne di mediamente tempo fa)…

    Ma non diveta una “regola”, un “Limite” anche l’informazione che non è accessibile e facile da usare? Come se vigesse una “non-regola”, “non scritta”, che di fatto non rende accessibile a tutti un tesoro di informazioni, un modo di comunicare, un mondo.

    Secondo te, da cosa dipende il “digital-divide” della generazioni degli “anta”?

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  17. antgri says:

    #carlodaniele

    Ti ringrazio nuvamente per la tua valida partecipazione.

    Ritengo che il tema dell’accesso universale alla Rete, sia complesso da analizzare.

    Ad ogni modo si può avere una tendenza asintotica, si può tendere verso un obiettivo, e sarebbe gia tanto! L’usabilità e l’accessibilità sono aspetti che fortemente inclinano la tendenza verso l’accesso universale.
    Spesso si sottovaluta l’Usabilità, che vede come suo cardine lo User Centered Design Process, quindi un processo di sviluppo per il web basato sulle reali esigenze dell’utente. Di fatto ciò provoca minor scollamento tra la Rete e gli utenti.
    Il perché non si investa in questa politica, beh questo è un discorso a parte…

    Hai citato una frase molto bella di Elizabeth Eisenstein.

    Albert Einstein, invece, ha detto due cose (tra le tante) che condivido:

    Essere intelligenti significa avere la capacità di imparare

    Si è vecchi quando nella mente ci sono più ricordi che progetti

    Io credo che nella “massa” ci siano molte persone intelligenti, con voglia di sognare e di realizzare progetti, a prescindere dalla loro età. Per alcuni potrebbe essere un progetto anche quello di accostarsi al mondo del Web. Basta solo rendegli la vita più semplice…

    Secondo te quindi il paradigma “massa-web 2.0” è destinato a morire così? Non esiste un modo per cambiarlo?

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  18. carlodaniele says:

    Antonio, ieri ti ho lasciato un altro “lungo” commento. purtroppo non viene visualizzato. prova a dare un’occhiata nei commenti da moderare o nell spam…

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  19. antgri says:

    carlodaniele oggi mi sono collegato e non ho trovato il tuo commento, né in coda di moderazione, tantomeno nello spam. Ti chiedo la cortesia di riscrivere il tuo intervento, poiché trovo i tuoi spunti sempre molto interessanti. Credo sia stato un problema di wordpress, spero non capiti più.

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  20. carlodaniele says:

    Poni delle domande difficili. Impossibile avere delle risposte certe.

    Prima di tutto, secondo me va fatta una distinzione. A livello globale la rete, stando alla lettura delle statistiche, non ha fatto altro che allargare il baratro tra ricchi e poveri, fino a farlo diventare un abisso. Un’analisi esauriente è quella di Manuel Castells, sia in “La nascita della società in rete”, sia nel più conosciuto “Galassia Internet”.

    Gli esclusi dalle reti telematiche vengono emarginati, secondo Castells, in modo irrimediabile.

    Tra l’altro, Castells propone una chiave di lettura del fenomeno molto interessante. Chi guida lo sviluppo tecnologico (e quindi economico) si troverà sempre in una posizione di vantaggio nei confronti di chi insegue, in quanto traccerà le traiettorie dei successivi sviluppi evolutivi. Nel quadro delineato da Castells, qualche spazio rimane aperto per chi segue e si adatta rapidamente all’evoluzione, ma per chi è fermo non ci sono speranze di raggiungere chi fugge in avanti.

    Quindi, a livello globale la rete accentua le disuguaglianze e, pertanto, non può essere un fenomeno di sviluppo sociale, umano, ecc.

    A livello dei paesi avanzati (e capitalisti) la cosa è più complessa. Ovviamente, sottolineo l’importanza di usabilità e accessibilità per l’accesso alle conoscenze di rete. Però, secondo me, non sono sufficienti a garantire a tutti un uguale arricchimento dalla condivisione di informazioni e relazioni. Un paio di anni fa, fu pubblicato un articolo dal Business Week online in cui si parlava della regola dell’1%: statisticamente, nelle piattaforme in cui si condivide informazione, come youtube, 1 utente crea l’informazione, 9 discutono e contribuiscono alla discussione, 90 osservano (difficile capire con quale beneficio).

    Non metto assolutamente in dubbio le potenzialità del web2.0. Il mio punto di vista, però, mi porta a conclusioni meno ottimistiche della maggior parte di coloro che si occupano degli usi sociali delle reti. Io ritengo che l’arricchimento c’è, indubbiamente, ma è un fenomeno individuale e non sociale e riguarda un’elite ristretta (rispetto alla massa). E non faccio assolutamente nè un discorso di età, nè di genere. I cosiddetti digital natives non ne sono immuni, soprattutto perchè abituati ad un uso prevalentemente ludico del mezzo e non critico e costruttivo.

    Qui il discorso si allargherebbe moltissimo e andrebbe a toccare anche il ruolo delle istituzioni didattiche, ma mi sono già spinto molto oltre e rischierei di finire abbondantemente fuori tema.

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  21. antgri says:

    #carlodaniele
    Come sempre proponi temi interessanti e ti ringrazio per i tuoi interventi.

    Tuttavia non mi ritrovo molto nella linea tracciata da Manuel Castells. Non vedo la Rete capace di aumentare le distanze tra ricchi e poveri o le diseguaglianze in generale. Non riesco a vedere Internet come qualcosa che divide e non unisce. Sarebbe interessante tracciare su un foglio una line verticale, dividendolo a metà, da una parte elencare gli elementi della rete che uniscono le persone; dall’altra invece traccire quelli che dividono.

    Se poi vogliamo analizzare la capacità delle società più ricche di investire in strumenti e servizi, a dispetto di chi ha meno capitale e meno forza di mercato, allora concordo. In questa ottica concordo anche nel vedere l’arricchimento di una elité. Ma questo accade anche con il petrolio, con l’acqua, l’energia e tanto altro. credo che in questo senso si possa facilmente uscire fuori tema.

    Vorrei focalizzare l’attenzione sul Web 2.0: gli utenti che fanno i contenuti. Siamo passati dalla libertà di cercare e percorrere ipertesti, alla liberta di cercare e percorrere ipertesti, a loro voltaliberi di essere creati. In altre parole, prima vevamo la libertà di interpretare un testo, leggendolo secondo un nostro percorso (ipertesto). Oggi aumentano i gradi di libertà: oltre alla libertà di lettura c’è una enorme libertà nella creazione dei contenuti.
    Gli inerrogativi sono se questo può generare o meno ricchezza nella rete (ricchezza culturale); se questo Web 2.0 ha bisogno di qualcosa o va bene così; se le informazioni così gestite sono più facili da trovare ed usare; se la qualità dell’informazione avrà o meno un vantaggio da tutto ciò.

    Semplici interrogativi, privi di pregiudizi e di giudizi.

    Grazie ancora del tuo prezioso apporto alla discussione

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  22. marbio says:

    Una discussione interessante.

    Dal mio modesto punto di vista (parlo da “navigatore assiduo”) penso che la libertà di espressione scaturita con l’avvento del Web2.0 abbia lati positivi e negativi “naturalmente”.

    Il discriminante per ora è nelle nostre mani, nel senso che siamo noi a scegliere, valutare, reperire i contenuti più interessanti secondo i nostri gusti. L’utilizzo dei social network ci rende “visibili” ma allo stesso tempo ci permette di arricchire le nostre conoscenze e le nostre relazioni.

    IO sono a favore del Web 2.0, amo i blog (molto di più dei quotidiani) e penso che l’avvento del web semantico apporterà dei vantaggi.

    Complimenti per il blog. 😉

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  23. antgri says:

    #marbio grazie per il tuo intervento!

    Penso che più che essere favorevoli o contrari, il problema è capire come limare alcune storture del Web 2.0, senza intaccare la sua natura.

    Immagino che tu sia abbastanza giovane, quindi hai nel tuo DNA l’uso della Rete anche per informarti o per ricercare notizie, quindi sei capace di stabilire la bontà o meno dell’informazione trovata.

    Ad ogni modo non è sempre così. le persone più adulte, sono distanti da questo mondo. Occorrerebbe maggior attenzione alla cura di tutti gli elementi che aumentano il “digital-divide”.

    I più attribuiscono alla larghezza della banda il divario digitale. personalmente, penso sia frutto di una scarsa vicinanza alle reali esigenze degli utenti, di chi progetta servizi esposti sul Web. In altri termini quando ci si avvicina ad un servizio che c’è in Rete (un motore di ricerca, prenotazione volo, ricerca contenuti, caricamento di contenuti, etc) è auspicabile che questo sia di facile uso, accessibile da tutti, con tutte le piattaforme, e facilemnte trovabile in Rete.
    Ma questo è un altro discorso 😉

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  24. simonecarpanese says:

    Vorrei dire la mia sull’argomento. In tema di informazione la massa è stata abituata a tre medium: radio, tv, stampa.
    Improvvissamente, è nato il web, che ha conosciuto una diffusione capillare in tutto il mondo negli ultimi dieci anni.

    Ora, se anche limitassimo la navigazione sul web ai siti istituzionali dei quotidiani, abbiamo a disposizione una granda varietà di opinioni, di agende (intese come selezione delle notizie e loro ordine di presentazione). Non solo, è diventato improvvisamente possibile conoscere ciò che accade negli altri paesi, o ciò che gli altri pensano di noi, compulsando le edizioni online dei quotidiani stranieri.

    Negli ultimi anni, addirittura non è più necessario conoscere, per esempio, l’inglese per scovare e leggere questi contenuti, perchè vengono riportati sui blog di coloro che seguono da vicino un argomento e che traducono per i non poliglotti gli articoli.

    Quindi: chi vuole ha la possibilità di ottenere informazioni da fonti eterogenee. Gli statunitensi navigano anche se hanno 80 anni. Chi non legge i giornali si accontenta dei telegiornali, e non accede a risorse sul web perchè NON gli interessa approfondire. Un blog è credibile se la persona che lo gestisce si è dimostrata credibile in rete.

    Ergo, la libertà fa bene, tutto è più facile da trovare, e al momento è tutto abbastanza libero.
    Una volta che i potenti della terra-le multinazionali-riusciranno a muoversi sul web forse le cose cambieranno. Sono stati presi in contropiede, e in quanto colossi sono lenti di riflessi.
    Ma al momento, non siamo mai stati così liberi.

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  25. antgri says:

    #simonecarpanese ben venuto sul mio blog e grazie per il tuo intervento.

    Concordo con molto di quello che scrivi nel tuo post, sia riguardo del “medium” Internet, sia riguardo l’utilità far muovere molte più cose sulla Rete.

    Vorrei osservare però, che il “digital-divide” italiano non è paragonabile a quello americano. In Italia è difficile trovare 40enni che usano a pieno la Rete, figuriamoci 80enni 😉
    Inoltre si è investito poco in Usabilità ed Accessibilità, due aspetti che diminuirebbero di molto il gap tra le eprsone e la Rete, come ho avuto modo di scrivere meglio in un post:

    “digital-divide”: davvero tutta colpa della Banda Larga?

    La libertà fa sempre bene a mio avviso, ma non è applicabile sempre in questa accezione così ampia! Altrimenti si chiama Anarchia!

    Pensa uno stato senza regole, oppure un giornale senza regole, dove tutti possono scrivere.. ci sarebbe un serio problema di attendibilità e di qualità.

    Credo che questi due aspetti siano due noti dolenti del Web 2.0. Sarebbe auspicabile che si trovasse il modo di diminuire al massimo questi due effetti collaterali spiacevoli del Web 2.0.

    Grazie ancora del tuo prezioso intervento!

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  26. antgri says:

    #Claudio Vaccaro

    Ti ringrazio per essere intervenuto nella discussione, seppure brevemente, solo pubblicizzando un articolo 😉

    Ad ogni modo è già abbastanza animata la discussione;-)

    Grazie per l’apporto e ritorna quando vuoi

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  27. postodibloggo says:

    Proprio in questi giorni sto leggendo web 2.0 di Vito di Bari.

    Una raccolta di serie e interesanti riflessioni sulla questione che tu sollevi…

    beh quanto mi riguarda io sono un entusiasta 2.0, ne condivido l’approccio e la filosofia.

    Credo che la grande rivoluzione del 2.0 si culturale. Il concetto che un contenuto prima di essere etichettato debba essere valutato e considerato e che lo si possa integrare con contenuti terzi è la vera rivoluzione.

    Faccio comunicazione e ho sempre avuto una concezione cooperativa piuttosto che competitiva della comunicazione.
    Web 2.0 riassume bene il tutto.

    Un carissimo saluto

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  28. antgri says:

    #postodibloggo

    Benvenuto nel mio blog e ti ringrazio per il commento.

    Nnnostante concordi con molto di quanto tu hai scritto, rimane il problema dell’attendibilità dell’informazione.

    Tengo a precisare che la mia posizione è puramente critica, non vuole essere interpretate come conservatrice. Vorrei solo capire quanto di buono c’è e quanto si può migliorare in questo Web 2.0.

    Pensi che abbia margini di miglioramento il Web 2.0?
    Se si, in quale direzione?

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  29. exploradora says:

    Eccomi, ho letto tutto, decisamente interessante. In parte ti ho risposto nei commenti del mio blog, ma posso aggiungere qualcosa anche qui.
    Sicuramente una rete più usabile e accessibile aiuterebbe molto chi si avvicina per la prima volta alla rete – sono in tanti! Però va anche detto che pur con la semplificazione/facilitazione della navigazione (zione zione zione, ooops!), navigare su internet implica ragionare in modo diverso dal solito. Implica discriminare, scegliere, valutare, vagliare, digerire, elaborare tanti, ma proprio tanti stimoli. C’è chi ce la fa, c’è chi non ce la fa. C’è chi non ama queste esplorazioni, si sente perso in mezzo a tanta informazione. C’è chi non va mai, ma dico mai proprio mai, a fare clic su un link in fondo a un email. Mai! Constatato di persona. Cioè ci sono persone che non sono capaci di navigare attraverso ipervincoli – un po’ d’italiano non guasta ogni tanto – perché li prendono per semplici tasti: premi ON e si accende, premi OFF e si spegne. Basta.
    E quindi? E quindi è una questione estremamente complessa, fatta di difficoltà tecniche (e la banda sarebbe proprio l’aspetto più trascurabile) e culturali, di mentalità, di senso critico. Indipendentemente da età, genere, situazione economica. È una questione di forma mentis ma anche di educazione scolastica. Meglio mi fermo, altrimenti aggiungo troppa legna al fuoco.
    Cosa possiamo fare noi? Possiamo fare bene i siti web, così chi li naviga riesce a fare un’esperienza positiva. Possiamo cercare di ricordare che non tutti amano ciò che amiamo noi, che il mondo non è tutto qui, nei blog, nel web 2.0 o x.y. Possiamo avere la consapevolezza che il nostro settore, come tanti altri che richiedono particolari conoscenze, talora di nicchia, è molto autoreferenziale.

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  30. antgri says:

    #exploradora

    Con piacere vedo che hai avuto voglia e pazienza si rileggerti tutto!

    A mio parere hai fatto una ottima sintesi dei problemi connessi alal Rete, al “digital-divide” ed al Web in generale.

    Hai centrato il punto. Non è solo questione di banda
    (come ho meglio raccontato in un altro post). Tantomeno si può pretendere che tutti usino la Rete e i servizi presenti in essa.

    Tuttavia, come spesso accade, si possono trovare soluzioni che “meglio si avvicinano” alla soluzione ottimale.

    In particolare questo mio post poneva l’accento sull’aspetto del Web 2.0 ed alcune incognite ad esso correlato, quale la consistenza dell’informazione, la sua qualità, oltre che l’usabilità e l’accessibilità.

    Ti ringrazio per aver dato un ottimo contributo alla discussione ed aver messo sul piano della discussione altri argomenti e problematiche interessanti

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  31. postodibloggo says:

    Come ho detto prima web 2.0 a mio avviso implica la libera circolazione delle informazioni ma anche la verifica. Ma questo attiene alla sfera del buon senso.

    Mi spiego meglio:

    per me 2.0 implica una libertà di fruizione e di integrazione e di contenuti. In qualunque direzione. Ma tutto questo non da per assunta la mancanza di verifica o la certezza della validità dei contenuti stessi.

    L’assenza di barriere all’ingresso è web 2.0 la mancanza di verifica rischia di diventare superficialità.

    Forse il margine di miglioramento possibile è nell’approccio piuttosto che nello strumento. non so…

    credo che lo stesso problema si avrebbe se avessimo un’enorme bacheca gigante su cui tutti gli abitanti del mondo possono scrivere, cancellare, copiare, inventare, modificare…. non so se rendo l’idea

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  32. antgri says:

    Se ho ben capito parli di Usabilità ed Accessibilità:

    facilità di reperire quello che si cerca, gradevolezze e semplicità d’uso degli strumento del web 2.0;

    accesso universale, senza discriminazioni di piattaforme, browser e anche di strumenti d’uso frequente per persone diversamente abili.

    Come si può garantire senza quelche linea guida, qualche regola, qualche euristica, chiamiamola come vogliamo…

    Google è una grande bacheca dove tutti gli abitanti del pianeta “possono scrivere”. Eppure è stato reso abbastanza semplice l’accesso e l’uso di questo strumento.

    Casualmente? No!

    Sono stati effettuati studi di usabilità, ricerche di mercato e quant’altro necessita a produtte un servizi ocentrato sulel reali esigenze dell’utente: User Centered Design.

    MA il Web 2.0 ha variabili incontrollabili..

    Il bello è proprio questo ma… il risvolto della medaglia potrebbe essere quello di avere una informazione così ricca ma..irraggiungibile, nascosta, o non accessibile.

    Che valore avrebbe a questo punto tutto questa informazione? Solo puramente “ludico” o per essere “up-to-date” ?

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  33. postodibloggo says:

    Effettivamente hai ragione.

    Io mi ero soffermeto solo sull’aspetto dei contenuti e non avevo considerato i vari aspetti accessori.

    E secondo te che tipo di intervento potrebbe essere valido?

    Un protocollo standard per tutti i siti?sarebbe possibile?
    Uniformare il punto di partenza delle varie piattaforme e browser?

    Per quanto riguarda la pubblica amministrazione qualche passo lo si sta facendo.

    I portali dei vari comunirealizzati dal consorzio ASMEZ credo siano uniformi anche dal punto di vista dell’accessibilità anche se…. usano tutti la stessa piattaforma.

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  34. antgri says:

    #postodibloggo

    Sono felice di ritrovarti.

    Riguardo la tipologia di intervento che potrebbe risolvere questi “problemi”, non saprei dare una ricetta. Appunto pee Questo ho cercato di esporre questi interrogativi, parlarne, al fine di confrontarmi con altre persone.

    Tuttavia , ad occhio, qualcosa potrebbe essere fatto, circa la formazione e la cultura di chi opera nel settore.

    Mi hai parlato delle PA e di ASMEZ… andiamo per ordine.

    Per le PA c’è un alegge dal 2004, che ancora troppo spesso è evasa…

    Riguardo ASMEZ, in Campania, ho avuto il piacere 1 anno fa circa di parlare con la dirigenza, dopo aver riscontrato la non uniformità dei suoi portali, alle norme dettate dalla legge n.4 del 2004, detta anche Legge “Stanca”.

    Un esempio? il portale della provincia di caserta… ma tanti altri!

    Il consorzio che gestisce la PA in campania, purtroppo non è un episodio isolato.

    Auspicherei una maggiore attenzione alle tematiche di Usabilità ed Accessibilità, da parte dei dirigenti di progetti. Quando si sviluppano servizi per PA, sarebbe auspicabile avvalersi di esperti in questi settori, senza demandare alla praticità del programatore di turno.

    Torniamo al tema principale di questo post.
    Per il Web 2.0 è molto più articolato il discorso… Non necessitano gli stessi vincoli e le stesse restrizioni per un servizio pubblico. Ad ogni modo sarebbe plausibile che la ricchezza di informazioni generata con il Web 2.0 fosse fruibile da tutti, ed avesse un maggiore grado di penetrazione nella società. Come?

    Beh usabilità ed Accessibilità aiutano… Sarebbe opportuno sensibilizzare sia i committenti che i dirigenti di aziende leader che sviluppano servizi.

    Inoltre ad oggi servizi con la prerogativa di essere usabili ed accessibili. sono più competitivi. Non è cosa da poco in un mercato così agguerrito!

    In definitiva, una maggiore attenzione a questi due aspetti del Web, Usabilità ed Accessibilità, spesso sottovalutati, avrebbe una ricaduta sua a livello sociale, che a livello economico.

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  35. Ho letto. Discussione molto interessante e stimolante. Se dal punto di vista squisitamente tecnico, accessibilità ed usabilità sono elementi imprescindibili per migliorare la diffusione del web 2.0 ritengo che dal punto di vista “semantico” (permettimi l’espressione) tutto ruota sui contenuti. Sembra un paradosso ma se rifletti non è cosi.
    Le tre domande che tu poni hanno una risposta unica(torno nuovamente al concetto del minimo comun denominatore) nella definizione di contenuto.
    Il contenuto del contenitore (web 2.0) è quello che discrimina il tutto. Ovviamente, facilità di accesso, quantità infinita di fonti, facilità di trovare informazioni sono imprescindibili, come dicevo, ma sul contenuto e sulla qualità delo stesso ogniuno dovrà esprimersi. La qualità essendo soggettiva porterà a selezionare quei contenuti che rispondono alla media della stessa. Per cui anche se in maniera molto più ampia rispetto agli altri strumenti di comunicazione, alla fine anche nel web 2.0 i criteri di selezione: delle fonti, delle informazioni e dei contenuti sarà sempre lo stesso. Con la considerazione ultima che nel momento in cui il web sarà accessibile e fruibile a tutti la selezione avverrà, per cosi dire, naturale. Spero di essere stato chiaro, anche se complicato.

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  36. antgri says:

    #PippoFerrante

    Ciao Pippo benvenuto sul mio blog!

    Grazie per il tuo intervento interessante che ha sollevato altre domande.

    Concordo a pieno con molto di quello che scrivi.

    Tuttavia il “contenuto” ed il “contenitore” sono abbastanza difefrenti dai normali contenuti e contenitori (giornali, articoli, tv, notiziari, rubriche, radio, etc.).

    Il modo di fruire il Web non è passivo, pone l’utente nella posizione di scegliere liberamente come esplorare il contenuto, tracciando percorsi “attraverso” il contenuto (ipertesto), non scorrendo il contenuto come accade per i media più classici.

    Se a questo aggiungiamo che l’utente crea anche l’informazione, aumentano ancora le variabili che generano percorsi e labirinti nell’informazione.

    Un male? Non necessariamente. Potrebbe essere una ricchezza infinita!

    Guai a renderlo un tesoro nascotso, di cui tanto si parla ulel mappe, ma nessuno riesce mai a CONQUISTARLO, poiché inacecssibile e difficile da usare.

    Quindi questo benedetto “contenuto”, oltre ad essere consistente, attendibile, per aver valore, deve essere DISSOTTERRATO, quindi necessita di essere acecssibile e facile da usare.
    Altrimenti che Web 2.0 sarebbe?

    Altri interrogativi potrebbero essere quelli sulla validità o meno del concetto di “intelligenza collettiva“: è vero quello che molti pensano o quello che è realmente vero?
    In tal modo si chiarisce meglio come “contenuto” del Web 2.0 si differenzia in modo significativo dal classico contenuto di un classico medium. Il discorso sarebbe lungo ed appasisonante…

    Grazie ancora per aver dato un ottimo contributo alla discusisone, spero di legegre presto altre tue riflessioni.

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